martedì 14 giugno 2011

Perseverando sul Blauburgunder

Letto il bel post scritto da Francesco, con il Pinot Nero protagonista non posso non inserirmi, e raccontarvi qualcosa anche io su questo vitigno, un po’ mito un po’ realtà, un po’ storia un po’ leggenda, certamente in grado di regalare grandi vini e grandi espressioni dei pochi territori in grado di coccolarlo.

Vitigno difficile questo Pinò, vitigno ostico in vigna, capriccioso e incostante come le star, vino difficile da interpretare in cantina, poche in Italia a mio parere, quelle che riescono a tirarne fuori il meglio. Ne ho scelte due, con due annate differenti per ciascuna. Ne ho scelte due perché poi sono quelle che preferisco, due annate ciascuna per provare a raccontare, con brevi e sconnesse note di degustazione, come il Blauburgunder (non è colpa mia se è così famoso da avere tanti nomi) evolve, lasciando che il tempo renda giustizia e esprima le enormi potenzialità di quest’uva a tratti odiosa, e che chiede tanta pazienza.


Hartmann Donà e Bruno Gottardi, questi i protagonisti, Pinot Nero, lui la star.


Donà 2005 si presenta con un rosso rubino cupo, profondo e scuro per il Pinot Nero. Un naso fatto di sensazioni scure, dove la frutta rossa e le spezie sono accompagnate da note vegetali e sottobosco, ci racconta tutto il Pinot Nero, grande insomma. C’è potenza, quella che non ti aspetti in Alto Adige, e in bocca è vino nervoso e scattante, con l’acidità che lo rende tagliente e un tannino ancora verde ma già integrato, parte di un complesso più ampio. Irruento e aggressivo ma mai scomposto, un peccato berlo oggi, aspettatelo, tanto.


Donà 2002 – Ah, annata fortunata. Vino scuro, dal colore quasi impenetrabile, regala un naso che rimane stampato nella memoria. Sensazioni cupe, profonde, dove una speziatura molto fitta lascia a poco a poco lo spazio alla frutta rossa più scura, al sottobosco, con una nota tagliente che sale su quando metti il naso nel bicchiere. Il sorso ha un’energia straordinaria, potente ma non gridato, è un susseguirsi di ritorni e rimandi alle sensazioni iniziali, con un finale lunghissimo che chiude un cerchio praticamente perfetto. Grande, grandissimo nel suo essere quasi malinconico, un vino dal fascino raro.


Gottardi 2008 – Gottardi è il Pinot Nero del cuore per me, perché più accessibile, anche economicamente rispetto al precedente, più semplice magari. Semplice che non vuol dire banale, perché a Mazzon se lo sai fare il Pinot Nero non è mai banale. Il 2008 è vino giovanissimo e oggi gioca le sue carte migliori proprio sulla sua gioventù, con quel colore scarico da Pinot, e un naso dove c’è tanta frutta, con il legno che resta in sottofondo, ma c’è, a segnare la struttura e dettare il ritmo. Bocca viva, avvolge il palato richiamando puntuale le note olfattive, con quel finale speziato e lunghissimo. Sempre grande Gottardi.


Gottardi 2001 - L’amore è l’amore, e in questo assaggio io racconto tutto l’amore per il vino, per tutti i vini, perché ci sono quei bicchieri di fronte ai quali non pensi più al vitigno, al territorio, al terroir, ma pensi a quanto sia miracoloso e meraviglioso questo frutto. Non è questione di degustazione, di un naso coinvolgente e avvolgente che ci vorrebbe un altro post per raccontarlo a dovere, e non è per il sorso e una persistenza lunga anni luce, è per l’emozione che mi ha regalato. Difficile da spiegare un’emozione, un amore, è bello, punto. Magari non perfetto, magari non il 2002 di cui ho parlato, ma a me piace così, basta.

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