venerdì 19 maggio 2017

La Calabria al Vinitaly


Nell’ambito di una collaborazione con il laboratorio di Marketing e Comunicazione d’impresa, dell’Università degli Studi di Perugia sono giunto a Verona per assistere al Vinitaly, che si è recentemente tenuto presso il polo fieristico della città veneta, per poter così avere un’idea concreta di quanto il marketing sia fondamentale anche nel settore vinicolo.

Da calabrese, crotonese in particolare, non ho potuto fare a meno di dare uno sguardo curioso alle aziende presenti, assaggiano parte dei loro prodotti e soprattutto cercando di farmi un’idea su cosa sta accadendo nel mondo del vino calabrese e su come le aziende si confrontano con il mercato, nazionale e non, e, di conseguenza,  con i consumatori.

La Calabria era presente a Verona con cantine provenienti dalle diverse zone vinicole, Doc e Igt, della regione. A giocare la parte del leone certamente ci ha pensato, in termini di numero di cantine certamente, la provincia di Crotone con la Doc Cirò e con l’Igt Val di Neto.
Buona parte delle cantine era riunita all’interno di uno stand dedicato alla Magna Grecia, realizzato dall’Assessorato all’agricoltura, Foreste e forestazione della Regione Calabria e dall’Uniocncamere Calabria, con l’obiettivo di ricordare che il vino proveniente dall’antica Kremissa era offerto in dono agli atleti vincitori dei giochi olimpici nell’antica Grecia.
Altre, tra cui la più rappresentativa e nota al di fuori dei confini regionali: la cantina Librandi, erano invece dislocate in più aree all’interno dell’imponente complesso fieristico veronese. Va difatti notato che, al contrario di molte altre regioni, la Regione Calabria non aveva acquistato un intero padiglione o, comunque, uno spazio visibilmente omogeneo.
Certamente l’assenza di Librandi nello stand principale denota ancora come in Calabria si è lontani da quella capacità di fare squadra che ha permesso in più zone d’Italia di ottenere un’importante svolta qualitativa.  Mi viene in mente Montalcino  e il Brunello su tutte,  ma ce ne sono tante altre magari meno famose che negli ultimi anni hanno iniziato a produrre vini eccellenti e soprattutto a comunicare tutti insieme un territorio, un terroir e una storia, che è il punto di partenza fondamentale per comunicare il vino oggi. Non conosco i motivi della non presenza della Librandi all’interno dello stand regionale; ma non ritengo di essere troppo lontano dalla verità se ipotizzo che si tratta di un’ulteriore estrinsecazione di quel dissidio che sussiste fra la maggior impresa vinicola crotonese (e calabrese) e il Consorzio di tutela e promozione dei vini Cirò e Melissa (del quale l’azienda non fa parte in quanto ritiene che faccia assai poca tutela e minor ancora promozione).
Eppure la svolta qualitativa di cui da anni si sentiva il bisogno c’è stata, o quantomeno è iniziata.
Ne sono esempio i riconoscimenti a livello nazionale e internazionale che i vini calabresi, di Cirò soprattutto iniziano (ma spesso possiamo dire “continuano”) ad ottenere. Per citare i più importanti sicuramente vanno ricordati i 3 bicchieri conferiti dal Gambero Rosso al Duca San Felice di Librandi. E, se l’elemento di valutazione è quello della quantità delle persone che frequentavano lo stand e la faccia soddisfatta che avevano quelli che assaggiavano… allora c’è da dire che certamente Librandi sarà tornato a Cirò Marina con gran soddisfazione.
Ma anche vanno ricordate fra le cantine emergenti – ma meglio sarebbe dire già pienamente e positivamente emerse – il premio come miglior rosato d’Italia vinto dal Puntalice di Senatore Vini. Si tratta, quest’ultima, di un’azienda che, forse anche grazie a questo riconoscimento, ha visto il proprio stand sempre affollato di molti curiosi eno – appassionati.
All’evento veronese erano presenti anche due giovani cantine che si sono distinte sia dal punto di vista della produzione e della qualità che dal punto di vista della comunicazione: Russo e Longo di Strongoli e IGreco di Cariati, appena al di là dei confini della nostra provincia. Entrambe le cantine si sono distinte per la capacità di associare, rinunciando alle canoniche denominazioni, ai vitigni più classici; alcuni vitigni che rappresentano invece una novità assoluta in Calabria. Innovazione e vitalità che traspare anche nella comunicazione soprattutto per quanto riguarda la cantina IGreco, che ha speso, come mi ha raccontato Luciana Nicoletta Marino sommelier crotonese e titolare dell’enoteca Marino, un’ingente somma per la realizzazione della cantina e per il lancio dei prodotti.
Da segnalare il fatto che spesso alle degustazioni dei vini calabresi non seguiva la consegna di materiale informativo e pubblicitario dei prodotti delle aziende. O, almeno, è successo così al sottoscritto giunto a Verona da curioso; quindi non escludo che queste venissero distribuite solo su esplicita richiesta, anche se qualora fosse così non cambia il fatto che il ristoratore, operatore del settore, giornalista o semplice appassionato che sia avrebbe più facilità a ricordare l’azienda una volta terminato il giro delle numerose cantine, se a questi fosse in ogni caso consegnata una brochure informativa.
Se dunque possiamo essere certi che la qualità dei nostri vini è cresciuta e continuerà a crescere nei prossimi anni, è altrettanto vero che alcuni accorgimenti non guasterebbero. I produttori dovrebbero migliorare la loro capacità di convivere con i propri vicini per evitare il verificarsi nuovamente di situazioni spiacevoli come l’assenza di Librandi all’interno dello stand di cui si è parlato  e puntare con maggiore decisione agli aspetti del marketing. Oggi il vino buono lo si può  trovare in molti posti, quindi, spesso il successo di un prodotto, di una cantina, di un territorio a vocazione vinicola è dovuto alla bravura nel sapersi raccontare agli altri: i potenziali consumatori
Nino Romano

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